mercoledì 28 febbraio 2007

Presenza italiana a Los Angeles e dintorni

Secondo uno studio recente (Gloria Ricci, Lothope, “Italian in Los Angeles”, Los Angeles, 2003) “la storia degli italiani in Los Angeles è un capitolo relativamente non esplorato nella storia dell’emigrazione… una cronaca largamente non conosciuta e al tempo stesso frammentaria, diversa e soprattutto unica” (prefazione). Questo conferma la frammentarietà, se non insufficienza, di dati. I pionieri in questa zona provengono in buona parte dal nord Italia (Piemonte, Liguria e poi Toscana).
A parte Bartolomeo Ferrello, un navigatore al seguito di Rodriguez Cabrillo, cui succederà, che nel 1542 esplora la costa, sono i Gesuiti a visitare questa zona e a darne una dettagliata descrizione. La loro missione del 1696 aveva molti italiani (S. Ugarte, F.M. Piccolo, A. Carta, G. Minutoli, I.M. Napoli, M. Nascimbeni, Giovanni Salvaterra). Ed è un gesuita, Francesco Clavigero, a pubblicare in Venezia nel 1789 due grossi volumi sulla “Storia della California” senza esserci mai stato ma servendosi della documentazione dei confratelli.
Si susseguono poi diversi studi e descrizioni perché questa terra incuriosiva molto (come “Viaggio intorno al globo, particolarmente alla California e alle isole Sandwich negli anni 1826-1827-1828 di A. Duhot-Cilly, capitano di lungo corso, cavaliere della Legion d’Onore, ecc. con l’aggiunta delle osservazioni degli abitanti di quei paesi di Paolo Emilio Botta”, Napoli, 1842).
E sono genovesi, venuti con le loro navigazioni (ad es. il “Rosa”, 1834, capitano Nicola Bianchi) i primi italiani a sistemarsi in Bassa California.
Nel 1834 il genovese Matteo Sabichi si ferma in Los Angeles, apre un negozio e sposa una donna del luogo, Josefa Coronel, il cui fratello Antonio diverrà sindaco di Los Angeles e tesoriere della California. Ma la moglie muore prematuramente e il vedovo Sabichi rientra in Italia con i due figli, Mattia (n. nel 1841) e Francesco (n. nel 1842). Purtroppo anche il padre ben presto muore in un naufragio e i due ragazzi vengono adottati dal Console americano in Londra, Joseph Krosby. Ritorneranno poi a Los Angeles nel 1860 e Frank farà rapida carriera fino a diventare presidente del Consiglio comunale (1874).
Un altro pioniere è Giovanni Battista Leandri che arriva a Los Angeles nel 1823 dalla Sardegna ed apre un negozio di alimentari e liquori. Lui pure sposa una donna locale, si afferma e diviene giudice di pace. Acquista poi un ranch per la produzione del vino (“Ranch Los Coyotes”, oggi Buena Vista) che, valutato in $ 32.000 alla sua morte nel 1843, viene diviso in parti eguali tra la moglie americana e la madre italiana in Sardegna (fu “il primo italiano a partecipare direttamente e in comunità alla vita economica della California”, studioso Palmer, Italian immigration, pagg. 186-188).
Il suo esempio venne seguito da molti altri, per cui a metà del 1800 sono diversi i “rancheros” italiani, tra i quali spicca Gian Antonio Repetto, nativo di Genova.
Ed è di quei tempi (1847) uno strano personaggio italiano, un artista ritrattista itinerante, Leonardo Barbieri. E inoltre, ma di ben altra levatura, padre Blas Raho, “geniale italiano dalla mente aperta” (Ricci Lothope, op. cit.) che riparò la chiesa di S. Maria degli Angeli, divenendone parroco nel 1857.
La statistica dell’immigrazione italiana in USA presenta forti impennate: nel 1860 sono meno di 20.000; nel 1890 sono già 500.000 e negli anni 1891-1930 circa 4 milioni e divengono 5,2 milioni negli anni 1970, che con i loro discendenti fanno una popolazione di ca. 112 milioni di cui 1,1 milioni in California (dati forniti a L. Donanzon, opera citata). Secondo il loro arrivo in California possono essere divisi in quattro categorie:
- metà del XIX sec. in provenienza dal nord Italia: agricoltori, ricercatori d’oro;
- 1870-1924 immigrazione in massa dal sud Italia e Sicilia: in cerca di fortuna;
- dopo la II guerra mondiale: spose di guerra;
- dopo il boom economico italiano degli anni ‘60 immigra una classe media urbana e professionale.



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