mercoledì 28 febbraio 2007

Presenza italiana a Los Angeles e dintorni

Secondo uno studio recente (Gloria Ricci, Lothope, “Italian in Los Angeles”, Los Angeles, 2003) “la storia degli italiani in Los Angeles è un capitolo relativamente non esplorato nella storia dell’emigrazione… una cronaca largamente non conosciuta e al tempo stesso frammentaria, diversa e soprattutto unica” (prefazione). Questo conferma la frammentarietà, se non insufficienza, di dati. I pionieri in questa zona provengono in buona parte dal nord Italia (Piemonte, Liguria e poi Toscana).
A parte Bartolomeo Ferrello, un navigatore al seguito di Rodriguez Cabrillo, cui succederà, che nel 1542 esplora la costa, sono i Gesuiti a visitare questa zona e a darne una dettagliata descrizione. La loro missione del 1696 aveva molti italiani (S. Ugarte, F.M. Piccolo, A. Carta, G. Minutoli, I.M. Napoli, M. Nascimbeni, Giovanni Salvaterra). Ed è un gesuita, Francesco Clavigero, a pubblicare in Venezia nel 1789 due grossi volumi sulla “Storia della California” senza esserci mai stato ma servendosi della documentazione dei confratelli.
Si susseguono poi diversi studi e descrizioni perché questa terra incuriosiva molto (come “Viaggio intorno al globo, particolarmente alla California e alle isole Sandwich negli anni 1826-1827-1828 di A. Duhot-Cilly, capitano di lungo corso, cavaliere della Legion d’Onore, ecc. con l’aggiunta delle osservazioni degli abitanti di quei paesi di Paolo Emilio Botta”, Napoli, 1842).
E sono genovesi, venuti con le loro navigazioni (ad es. il “Rosa”, 1834, capitano Nicola Bianchi) i primi italiani a sistemarsi in Bassa California.
Nel 1834 il genovese Matteo Sabichi si ferma in Los Angeles, apre un negozio e sposa una donna del luogo, Josefa Coronel, il cui fratello Antonio diverrà sindaco di Los Angeles e tesoriere della California. Ma la moglie muore prematuramente e il vedovo Sabichi rientra in Italia con i due figli, Mattia (n. nel 1841) e Francesco (n. nel 1842). Purtroppo anche il padre ben presto muore in un naufragio e i due ragazzi vengono adottati dal Console americano in Londra, Joseph Krosby. Ritorneranno poi a Los Angeles nel 1860 e Frank farà rapida carriera fino a diventare presidente del Consiglio comunale (1874).
Un altro pioniere è Giovanni Battista Leandri che arriva a Los Angeles nel 1823 dalla Sardegna ed apre un negozio di alimentari e liquori. Lui pure sposa una donna locale, si afferma e diviene giudice di pace. Acquista poi un ranch per la produzione del vino (“Ranch Los Coyotes”, oggi Buena Vista) che, valutato in $ 32.000 alla sua morte nel 1843, viene diviso in parti eguali tra la moglie americana e la madre italiana in Sardegna (fu “il primo italiano a partecipare direttamente e in comunità alla vita economica della California”, studioso Palmer, Italian immigration, pagg. 186-188).
Il suo esempio venne seguito da molti altri, per cui a metà del 1800 sono diversi i “rancheros” italiani, tra i quali spicca Gian Antonio Repetto, nativo di Genova.
Ed è di quei tempi (1847) uno strano personaggio italiano, un artista ritrattista itinerante, Leonardo Barbieri. E inoltre, ma di ben altra levatura, padre Blas Raho, “geniale italiano dalla mente aperta” (Ricci Lothope, op. cit.) che riparò la chiesa di S. Maria degli Angeli, divenendone parroco nel 1857.
La statistica dell’immigrazione italiana in USA presenta forti impennate: nel 1860 sono meno di 20.000; nel 1890 sono già 500.000 e negli anni 1891-1930 circa 4 milioni e divengono 5,2 milioni negli anni 1970, che con i loro discendenti fanno una popolazione di ca. 112 milioni di cui 1,1 milioni in California (dati forniti a L. Donanzon, opera citata). Secondo il loro arrivo in California possono essere divisi in quattro categorie:
- metà del XIX sec. in provenienza dal nord Italia: agricoltori, ricercatori d’oro;
- 1870-1924 immigrazione in massa dal sud Italia e Sicilia: in cerca di fortuna;
- dopo la II guerra mondiale: spose di guerra;
- dopo il boom economico italiano degli anni ‘60 immigra una classe media urbana e professionale.



California: lavoro per tutti

Gli italiani si sono inizialmente sistemati nei sobborghi. Ragioni economiche e liberà di movimento vi hanno influito. La tendenza era quella di acquistarsi pima la casa e poi dei terreni. Per loro valeva l’adagio “chi ha prato, ha tutto” (“He who owns pasture lands owns everything”). Ed in effetti nel 1991 essi possedevano terreni per $ 200 milioni, avevano $ 400 milioni in risparmi ed investimenti, producevano $ 24 milioni di fatturato agricolo e il 42% aveva casa in proprietà (quarto gruppo nella classifica dei proprietari, superando anche i connazionali di San Francisco, 23%, e di New York,21%).
Forte era la loro presenza nel settore della pesca, soprattutto ad opera di pescatori provenienti da Ischia (il 9% della popolazione italiana), i quali si erano sistemati nella zona di San Pedro già negli anni 1880. Alla fine del 1950 la loro flottiglia era forte di 700 barche con ca. 5.000 pescatori, che raccoglievano un pescato di 500 milioni di pounds l’anno. La “festa del pescatore”, tra l’altro con la benedizione delle barche, risale al 1938.
Per le costruzioni va ricordato Pietro Pozzo da Brusnengo (Genova), che in provenienza da New York ha costruito qui 314 edifici, compresa la storica Italian Hall presso la vecchia Olivera Street, gestita dalla Società Garibaldina, requisita poi durante l’ultima guerra mondiale e recentemente restituita alla comunità italiana.
Ma il settore di maggiore presenza e sviluppo per la collettività italiana in Bassa California è stata l’agricoltura: i frutteti di San Fernando Valley o di Madera; la Italian Vineyeard Company, che, avviata dal piemontese Secondo Guasti e da costui condotta avanti assieme ad altri quindici connazionali nel sud Cucamanga, impiega diverse centinaia di italiani con una vasta produzione di vini inviati in tutti gli Stati Uniti e oltre (alla morte di Guasti la tenuta venne valutata in $ 1.193.484). Del resto era stato un piemontese, Antonio Palanesi (“…piemontese della provincia di Sondrio”, sic! la geografia non pare fosse il forte dei cronisti) ad avviare questa apprezzata attività vinicola. E piemontesi erano anche Giovanni Somano, Secondo Guasti, Giovanni Gazza.
Complessivamente nel 1897 erano 837 le imprese commerciali italiane in California per un capitale di oltre $ 17 milioni.

Los Angeles: riferimenti storici

Los Angeles venne scoperta nel 1769 dagli spagnoli alla ricerca del porto di Monterey. Ma i suoi inizi vanno spostati alla decisione nel 1881 del Governatore spagnolo Felipe de Neve di installarvisi con 11 famiglie fondando “El Pueblo de la Reina de Los Angeles” (e qui appare già il nome della città). L’influenza dei francescani è evidente anche in questa zona come già nell’Alta California, anche se la prima colonizzazione ed evangelizzazione vennero dai gesuiti. Fu anzi un gesuita trentino, E.F. Chino (XVII sec.), a riconoscere la caratteristica peninsulare alla zona. Nel 1922 con l’indipendenza del Messico dalla Spagna, e conseguente autonomia della California, Los Angeles serve anche da capitale. Allora (1845-47) le missioni vennero laicizzate con conseguente affievolimento della religiosità. Una cronaca francescana di quei tempi lamenta che gli abitanti di Los Angeles “danno più importanza ai giochi di azzardo e a suonare la chitarra che a coltivare le loro terre e a educare i loro figlioli”.
Oggi l’arcidiocesi di Los Angeles comprende tre contee - Los Angeles, Ventura e Santa Barbara - e copre un’area di 22.693 kmq. La popolazione in quest’area è di 10 milioni 985 mila abitanti, di cui oltre 4 milioni cattolici. Le parrocchie sono 287 distribuite in 120 città delle citate tre contee. La diocesi è stata eretta nel 1840 ed è divenuta arcivescovile nel 1936. La Patrona è Santa Viviana.
Ci sono tre università: quella dello Stato della California (UCLA), quella del Sud California (USC) e dei Gesuiti (Loyola-Marymount), oltre ad un importante Collegio universitario.

Los Angeles a colloquio con il vescovo ausiliare Solis

La grande diocesi di Los Angeles (tre contee: Los Angeles, Ventura, S. Barbara; 1.204,35 kmq di superficie; oltre 11 milioni di abitanti, di cui 4 milioni e mezzo cattolici; 287 parrocchie) è guidata dal Card. Roger Mahony, che l’ha suddivisa in cinque settori, affidati ciascuno ad un Vescovo ausiliare. Ma il Cardinale tre anni fa ha voluto averne un sesto, il Vescovo filippino S.E. Mons Oscar Solis per affidargli il coordinamento delle pastorali etniche,spagnoli, filippini, tailandesi, coreani, e via dicendo che vengono seguiti da sacerdoti etnici. Gli italiani sono “invisibili”.
Il Vescovo accogliendo il 28 febbraio la delegazione Migrantes ha detto che la diocesi è attualmente provocata ed impegnata dal problema degli illegali, 11 milioni. Cosa fare per loro? Riforma della legge per i non documentati, come trattare quelli che lavorano illegalmente, evitare la rottura tra genitori e figli in quanto se nati in America sono cittadini americani mentre i loro genitori sono illegali, salvaguardia dei diritti umani e civili.
Come struttura la Chiesa locale si conforma sostanzialmente alla “Erga migrantes caritas Christi” del Pontificio Consiglio per la mobilità umana. È stato pubblicato un interessante documento congiunto, Vescovi americani e messicani, sulla situazione e le proposte possibili. Con i Vescovi della frontiera messicana del resto i colloqui sono comunque regolari. Bisogna distinguere - ha chiarito - tra prima, seconda e terza generazione, coordinando in modo diverso per queste tre fasi servizio religioso e proposte culturali.
Una situazione in cui sono coinvolti gli italiani, che rappresentano una emigrazione antica. E che le situazioni cambino lo si vede anche dalla ubicazione della Chiesa italiana di S. Pietro, già al centro della comunità italiana ed ora circondata da cinesi e coreani. Qui i padri Scalabriniani che l’hanno ereditato dai sacerdoti diocesani continuano a rendere il loro prezioso servizio pastorale.
Nella annessa sala della Casa d’Italia ha avuto luogo un banchetto delle associazioni calabresi e molisane per il loro incontro associativo ed in onore degli ospiti don Domenico Locatelli, Direttore per gli italiani nel mondo ha manifestato la vicinanza della Chiesa italiana e ricordato la crescente importanza delel comunità italiane all’estero mentre Mons. Silvano Ridolfi, Responsabile della Stampa Migrantes, ha innovato a scoprire nelle radici la regione e la forza della integrazione e dei rapporti. A mezzogiorno la delegazione Migrantes – che comprendeva il Direttore generale Mons. Piergiorgio Saviola, il Direttore per l’emigrazione italiana don Domenico Locatelli e il Responsabile stampa Mons. Silvano Ridolfi – aveva partecipato ad una colazione offerta dal Console Generale d’Italia Diego Brasioli, che prossimo a rientrare in Italia, si è detto soddisfatto della collettività che qui ha raggiunto traguardi prestigiosi nella vita culturale e politica del paese.

La bassa california

“Bassa California” è un’espressione geopolitica ad indicare il territorio sud della California e la popolazione che vi abita con le caratteristiche che la distingue.
La capitale della California è Sacramento e l’intera regione è stata sempre vista divisa in due parti, l’Alta California con al centro la metropoli di San Francisco e la Bassa California che ruota attorno alla megalopoli di Los Angeles.
Los Angeles occupa una posizione felice sull’Oceano Pacifico. È la seconda città in USA (dopo New York) sia per popolazione (3.200.000 persone, ma 14 milioni nell’intera area metropolitana), sia per superficie (1.204,35 kmq). La sua estensione ha richiesto e favorito una ben ramificata metropolitana (7.477,700 km di lunghezza metrica lineare). È un insieme di diverse città, ognuna con una sua caratteristica ed una propria vitalità: ad esempio Hollywood per l’industria cinematografica, Santa Monica per le ville residenziali. Los Angeles può essere ritenuta la vistosa punta emergente di tutta la regione circostante, vivace ed attiva in diversi campi, con un alto livello di produzione sia per l’agricoltura a livello estensivo sia per l’elevata produzione industriale e l’alta tecnologia (famosa la Silicon Valley). Questa ha forse la sua espressione più eminente nel Centro di Ricerche Satellitari di Pasadena.Effettivamente terra e clima sono benevoli e favoriscono l’agricoltura come, ed anche più, che in Alta California. È questa cultura ad aver favorito insediamenti abitativi sempre più frequenti. Ma sarà poi l’industria cinematografica (da qui provengono i tre quarti dell’intera produzione nazionale) ad aumentare notevolmente attività, reddito e popolazione.

martedì 27 febbraio 2007

Gli italiani di Losa Angeles

Gli italiani in Los Angeles, che nel 1920 rappresentavano l’11% della popolazione italiana in California, in dieci anni (dal 1920 al 1930) hanno raddoppiato la loro presenza, da 9.650 a 16.851. Sono anni fervidi di attività commerciali, culturali ed associazionistiche. Sono infatti più di 2.000 i membri delle 27 sedi dei “Figli d’Italia”. A metà degli anni 1930 esce il secondo giornale in lingua italiana, “La Parola”. Ne è direttore l’avvocato Giovanni Falasca, già professore presso l’Università di Roma, che offre un nuovo stile di giornalismo.
La grande depressione economica del 1932 tocca anche la comunità italiana, che però trova un valido ammortizzatore nella impostazione familiare delle attività.
Sono dello stesso anno i giochi olimpici di Los Angeles ai quali molti italiani partecipano in diverse squadre.
Nel 1935 apre il Consolato Generale d’Italia (già Vice-Consolato di San Francisco) con il duca Alberto Caracciolo di San Vittore. E si apre il periodo di maggiore interesse dell’Italia fascista verso gli italiani all’estero: i doposcuola (47 in California); le scuole Giovanni Pascoli; i viaggi-premio in Italia; i riconoscimenti per l’apprendimento della lingua italiana. Questa massiccia propaganda fascista suscita anche reazioni e divisioni. Per cui, ad esempio, alla dott.ssa Angela Spadea, direttrice delle citate scuole, vennero negate le facilitazioni per l’insegnamento in San Pedro, Hollywood. “Scoundrel” (mascalzone) fu la sua laconica risposta inviata per posta celere al Ministro Conte Galeazzo Ciano.
L’associazione cattolica “Italian Catholic Federation” si propaga velocemente ed è molto attiva: riesce ad esempio a radunare 100.000 persone per una Messa all’aperto del vescovo di Los Angeles, arcivescovo G. Contwell. Nel 1937 dal Papa essa viene incoraggiata a “distruggere il comunismo”.
La seconda guerra mondiale, 1942, pone gli italiani dalla parte dei nemici: dai quarantenni in su devono registrarsi (con impronte digitali) presso la polizia; ci sono inoltre limitazioni in attività e movimenti, diversi internamenti, ecc.
Finita la guerra, la comunità riprende la sua vita ma in modo sparso. Soltanto il gruppo di Ischia e di Sicilia a San Pedro (oltre 3.000 membri) mantiene le caratteristiche di “piccola Italia”.
Come a San Francisco dopo gli anni di pastorale pionieristica condotta da sacerdoti secolari subentrarono poi i salesiani, tuttora rettori della “parrocchia italiana” dei Santi Pietro e Paolo, così in Los Angeles nel 1960 la pastorale etnica italiana presso la Chiesa di S. Pietro viene assunta definitivamente fino ad oggi dai Padri Scalabriniani.
Per l’esattezza dal 1904 ai giorni nostri i sacerdoti rettori o parroci della Chiesa italiana sono stati diocesani i primi (1904-1923), salesiani poi (1923-1930), quindi clarettiani (1932-1960) e dal 1960 scalabriniani.
P. Luigi Donanzan è stato il secondo parroco scalabriniano (primo Rev. Giuseppe Chimiello, 1961-62), che dal 1962 al 1978 dà nuovo vigore alla comunità italiana: programma radio “Ora italiana” (1963); acquisto del citato periodico “L’Italo-Americano” (fondato nel 1908); viaggi in Italia, costruzione della “Casa italiana” (1972 con il motto “Ars, Ratio, Religio”) e della Casa di riposo “Villa Scalabrini” (1979), quest’ultima con il valido aiuto anche di Frank Sinatra (che dona $ 500.000).
L’attività sacramentale in 75 anni (1904-1979) viene così riassunta da p. Donanzon: 8.650 battesimi, 3.190 matrimoni, 4.470 funerali (compresi quelli della Chiesa dell’Immacolata, che dal 1908 al 1917 ha condiviso con San Pietro l’assistenza pastorale agli italiani). Oggi c’è una media di 60 battesimi, 60 matrimoni, 100 funerali e 20.000 comunioni ogni anno (“The Italian in Los Angeles”, 1979, pag. 40).
La facile mobilità ha però disperso gli italiani in tutta la megalopoli e la chiesa di S. Pietro è ora un’isola italiana in ambiente piuttosto asiatico.

In conclusione
Nella grande Los Angeles gli italiani già con i primi insediamenti, allora concentrati, hanno avuto modo di inserirsi ben presto ed attivamente, anzi di crescere nel tessuto della fervida e vivace società locale. La successiva dispersione ha trovato il necessario riferimento nelle istituzioni civili italiane ed un utile sostegno religioso e morale nella parrocchia italiana.
Le grandi distanze e la convivenza di molti gruppi etnici (“China Town” e villaggio creolo sono accanto alla Chiesa italiana) danno alla pastorale etnica italiana un particolare carattere di interetnicità.

La chiesa italiana di San Pietro

La chiesa di S. Pietro, situata inizialmente nella North Spring St. ed annessa alla chiesa parrocchiale locale sulla piazza, ha avuto come primo parroco don Tito Piacentini (1904-06), cui il vescovo di Los Angeles, mons. Thomas J. Conaty, aveva affidato il compito di almeno ridurre quello che veniva chiamato “il problema italiano” (cfr. anche SM 2/04, pag. 134) - la disaffezione ossia degli immigrati cattolici italiani nei confronti di una chiesa locale fortemente dominata da una gerarchia irlandese - per “produrre buoni cattolici secondo la tradizione italiana” (da una dissertazione universitaria non pubblicata, Washington, 1936).
E dopo undici anni, il 4 luglio 1915, il titolo della chiesa di S. Pietro viene spostato nella cappella del cimitero Vecchio Calvario all’angolo North Broadway/ Bischopsroad, ove è tuttora, in una posizione più vicina e centrale per la comunità italiana. Per settant’anni venne diretta da preti diocesani, primo dei quali don Alessano Bucci, con il compito di servire anche la popolazione locale. Due dati ne danno la dimensione del carico pastorale: più di 8.000 battesimi e circa 5.000 funerali. Nel 1919 diviene Chiesa nazionale italiana in Los Angeles.
Le devozioni popolari regionali vengono favorite e si insediano nella chiesa di San Pietro: San Trifone della Puglia (1933); Società di S. Vittoriano da Bari; la Madonna della Stella; la Madonna di Costantinopoli...
Per l’assistenza alle famiglie e l’educazione dei giovani il citato vescovo Conaty si era rivolto a diversi istituti religiosi femminili. Il 22 luglio 1905 Madre F.S. Cabrini, la fondatrice delle Suore del S. Cuore di Gesù (chiamate poi “cabrianiane”: la Cabrini verrà dichiarata santa e “madre degli emigrati” da Papa Pio XII nel 1946) fece una prima visita a Los Angeles e poi inviò tre suore ad iniziare un lavoro missionario, sistemandole inizialmente in una casa presa in affitto nella Alpine St. Volendo poi dare stabilità al loro servizio, Madre Cabrini cambiò la casa ottenuta dallo Stato nel Sunset Bvd in Orfanatrofio Regina Coeli. È del 1906 la scuola San Pietro per 300 bambini. La Madre volle anche un “preventorio” per le ragazze in pericolo di tisi. Ma muore nel 1917 a Chicago senza riuscire a tornare per vedere il nuovo ed ampio terreno acquistato nel frattempo in San Fernando Valley.

Organizzazioni ed opere italiane in LA

Gli italiani si dettero molto da fare per acquistare credito nella realtà locale e per raggiungere una sicura autonomia: partecipazione attiva e proposte culturali, specialmente nel settore dell’opera lirica (grandi furono i successi della cantante lirica Adelina Patti) ne erano una conseguenza ed uno strumento. Si organizzarono ben presto anche per una soddisfacente sicurezza nel sociale. È del luglio 1887 la fondazione della “Società italiana di Mutua Beneficenza” ad iniziativa del genovese Ambrogio Vignolo, sostenuto da A. Palanconi; società che nasce come un allargamento della analoga società sorta in San Francisco nel 1868. Successivamente, anno 1888, viene istituita la “Società Unione e Fratellanza Garibaldina” per la raccolta e distribuzione di medicine e per altre iniziative assistenziali. Le due si fonderanno nel 1916 in un’unica “Società Garibaldina di Mutua Beneficenza”, con un incontro annuale la prima domenica di giugno, in coincidenza con l’anniversario dell’eroe Garibaldi. Vi partecipa anche il corrispondente de “La Voce del Popolo” di San Francisco, Fernando Bessolo.
Una vivacità non sempre ordinata tanto che O. Wilde ebbe a dire verso il 1900 che Los Angeles era “una specie di Napoli”. Ed era inevitabile che nascesse un foglio di informazione e collegamento. Gabriella Spini fonda nel 1884 “L’Eco della Colonia”, cui succede nel 1908 “L’Italo-Americano” diretto da Cleto Baroni, acquistato poi dai Padri Scalabriniani che lo affidano a Mario Trecco, che da anni ne è anche divenuto il proprietario.
Tutto sommato, a differenza di altre nazionalità (messicani, asiatici e nativi americani) verso le quali c’erano forti pregiudizi, “i migranti italiani vennero generalmente accettati e si sono più facilmente acculturati con i valori della società ospitante che tendeva ad un forte aumento dei livelli dell’educazione e dello stato economico” (Ricci-Lothope, op. cit., pag. 16).
Una curiosità: è del 1904 il primo ristorante italiano in Los Angeles, il Ristorante Europa, aperto da Matteo Santarini (da Viareggio).

domenica 25 febbraio 2007

I.A.C di Pacifica




L’Italian American Center di Pacifica (California) e' il Centro Italo-Americano (IAC) di Pacifica, città sull’Oceano Pacifico, contigua a San Francisco, nella contea di San Matteo. Il suo avvio è stato fuori di ogni programmazione, sia della chiesa locale sia di quella italiana. Ma il suo sviluppo si è rivelato poi provvidenziale.
Si deve infatti, questo Centro, alla personale iniziativa di un sacerdote di Lucca, don Bruno Peschiera, il quale, d’intesa con il suo Vescovo Mons. G. Agresti, si porta nel 1978 in California presso parenti con il proposito di studiare se e come fosse utile il suo servizio sacerdotale in questa zona. Da un primo incontro con un gruppo di italiani il 17 febbario 1979 matura l’idea, che viene immediatamente attuata, di aprire un luogo di riferimento per l’assistenza necessaria più diversa agli italiani e particolarmente per la loro formazione religiosa. Gli inizi furono un modesto appartamento privato in San Francisco e la successiva crescita nella attuale ben più ampia ed adatta sede in Pacifica (novembre 1982).
Lo scopo di aiutare le famiglie americane di origine italiana a coltivare il loro retaggio religioso e culturale per un proficuo servizio alla società e alla chiesa locale si è concretizzato in attività specifiche estese a tutta l’area della Baia di San Francisco. Una pubblicazione mensile - “I.A.C. Bulletin” - ha provveduto fin dal 1979 a mantenere contatti ed a fornire informazioni.
Autorizzazioni ed attività
Il primo pensiero è stato quello di un possibile doppione con la radicata presenza salesiana. Ma il carattere della nuova iniziativa era diverso e complementare. Essa intendeva infatti raggiungere e collegare i dispersi e lontani raramente e difficilmente raggiungibili da una pastorale localizzata. Di sua natura, infatti, il Centro ha il carattere di assistenza volante che collega poi con le realtà locali.
Né il Centro poteva - tanto meno voleva - agire… in clandestinità. Infatti i contatti aperti con l’Arcivescovo Mons. John Quinn sono stati immediati ed aperti. Essi hanno poi portato al riconoscimento ufficiale con la lettera della Curia in data 10 marzo 1980 nella quale viene espressamente detto: “ il suo lavoro di ristabilire i legami culturali e religiosi tra l’Arcidiocesi di Lucca e gli emigrati da Lucca residenti in California è stato accettato dall’Arcivescovo”.
Visite e riconoscimenti erano già venuti dalla Chiesa italiana con l’ufficiale inserimento del sacerdote don Bruno Peschiera nell’elenco dei missionari di emigrazione (rescritto della Conferenza Episcopale Italiana del novembre 1978) e in seguito, 6 maggio 1985, con la visita del Presidente della Commissione Ecclesiale per le Migrazioni Italiane, l’Arcivescovo di Catanzaro Mons. Antonio Cantisani, accompagnato dal Direttore dell’Ufficio operativo mons. Silvano Ridolfi ed ancora prima con la visita dell’Arcivescovo di Lucca Mons. Giuliano Agresti il 19 settembre 1980, seguita da quella di diversi altri parroci da Lucca e da altre località. Tutti furono accolti dallo I.A.C. ed i Vescovi in visita ebbero sempre contatti con la Curia locale che si espresse in senso positivo. Particolarmente significativa ed importante è rimasta la visita del Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo e Vice-Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il 29-30 luglio 1989. Egli incontrò il direttivo I.A.C., celebrò per gli italiani nella cappella del Centro e nella Chiesa italiana dei SS. Pietro e Paolo, benedisse la cappella dei pescatori in Fishermanword ed ovviamente ebbe contatti e si intrattenne con l’Arcivescovo Quinn. Questa visita era stata preparata in una precedente rapida sosta in San Francisco dal Direttore Migrantes per l’estero Mons. Silvano Ridolfi il 28 marzo ed è stata seguita da una visita allo I.A.C. da parte dell’Arcivescovo J. Quinn il 17 agosto, durante la quale egli manifestò tra l’altro la propria soddisfazione per il successo della visita del Card. Pappalardo. Va anche detto che il medesimo Arcivescovo aveva già affidato nel 1985 a don B. Peschiera l’incarico della assistenza agli italiani in San Francisco con riconoscenza perché prestava aiuto alla parrocchia territoriale dell’Epifania.
Anche mons. Luigi Petris, Direttore Generale della Migrantes dal 1997, è stato successivamente più volte in San Francisco e Pacifica, ospite di don Peschiera e dello I.A.C.. Dal 2.07.1981 lo I.A.C. è anche membro dell’UCEMI (Unione Cristiana Enti tra e per i Migranti Italiani), organismo collegato alla Migrantes, particolarmente impegnato nelle attività socio-politiche ed il cui presidente dr. Adriano Degano venne per contatti in Pacifica nel 1997. Lo I.A.C. ha anche partecipato sia ai preparativi sia alla celebrazione della II Conferenza Nazionale degli Italiani all’Estero nel 1988.
Le prospettive
Tanta attenzione è giustificata dalla azione e finalità dello I.A.C., che vuole essere un riferimento pastorale per Italiani, gli ultimi arrivati e le precedenti generazioni sparsi nella Baia di San Francisco. E difatti don Peschiera ha iniziato con la conoscenza personale degli italiani, visitandoli a casa loro, andando a trovare gli ammalati, facendo piccole riunioni presso le famiglie o nel suo modesto appartamento in San Francisco.
Nel 1982 è venuta l’opportunità di una sede più ampia ed adeguata in Pacifica ove celebrare mensilmente la messa domenicale per gli Italiani disponibili e tenere le riunioni di formazione religiosa. Allo scopo l’Arcivescovo ha dato la qualifica di “oratorio” alla cappella del Centro. Molte attività mantengono forzatamente la caratteristica della itineranza, ognuna al suo posto e nel suo tempo: festa di S. Gemma Galgani nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo in maggio; festa di Santa Croce in settembre a Loomis Roseville; la celebrazione di Natale e Pasqua con un pranzo comunitario in sede; la celebrazione del mese di novembre dedicato alle Anime del Purgatorio; la festa di Santa Zita, patrona delle collaboratrici domestiche, con la benedizione dei fiori in aprile; la giornata del padre in giugno e quella della madre in maggio a sostegno ed esaltazione della famiglia; la festa della Eucaristia la prima Domenica di giugno. Né mancano pellegrinaggi e gite per la devozione, la vita sociale e la cultura.
Il coordinamento e l’animazione sono certamente di don Bruno Peschiera, ma programmazione ed attuazione sono affidati al Comitato direttivo che si riunisce periodicamente sotto la guida del suo presidente. Il primo dei quali fu Graziano Marchini (1979-1985) cui seguirono Marcella Marchini, Reina Molinari, Carla Acquisti, Anna Capurro.
I 25 primi anni di vita dello I.A.C. sono stati spesi bene e interamente. Giustificatamente il 22 febbraio è stato un giorno di festa per il “giubileo d’argento” del Centro. È stata una domenica di confermati riconoscimenti, di felicitazioni e di auguri da parte di Autorità religiose italiane e locali, da parte dei Confratelli italiani e locali. La Migrantes era rappresentata da Mons. Silvano Ridolfi.
Gli auguri per il “giubileo d’oro” tra 23 anni sono spontanei e sinceri. Ma proprio in questa prospettiva si impone un momento di seria riflessione interna allo I.A.C. ed esterna nei suoi rapporti (Chiesa italiana e Chiesa locale) per vedere come e con quali forze vada impostato il lavoro futuro perché ci sia novità nella continuità.

La “chiesa italiana” di S. Francisco

La chiesa stessa dei SS. Pietro e Paolo, come edificio, subisce nel tempo molte trasformazioni, adattamenti, abbellimenti. La prima pietra era stata posta nel Natale del 1881 e la dedicazione ebbe luogo, sempre con l’Arcivescovo Alemany, nel giorno dei SS. Pietro e Paolo dell’anno 1884. Era situata nell’angolo Filbert/Dupont St. (dal 1919 Grand Avenue), ma il terribile terremoto del 1906 con conseguente incendio praticamente la distrusse.
S.E. Mons. P. Riordan (1884-1914) succeduto ad Alemany, favorisce nel 1908 l’acquisto di un nuovo terreno di fronte a Piazza Washingon, sempre sulla Filbert St. per costruirvi una nuova chiesa (architetto Carlo Fantoni) rimanendo il vecchio edificio, in qualche modo riadattato, come luogo per le attività catechetiche e ricreative. Verrà benedetta il 30 marzo 1924 dall’Arcivescovo Hanna. Ormai la “ chiesa italiana” ospita assieme agli italiani dalle diverse parti d’Italia anche le loro più sentite devozioni, come la Madonna della Guardia (Genova) e la Madonna del Lume (Sicilia), protettrice dei pescatori, ed è divenuta il naturale riferimento della comunità italiana anche per gli avvenimenti culturali. Da ricordare: Pietro Mascagni che nel 1903 dirige nel Teatro Tivoli la sua “Cavalleria Rusticana”; il grande Enrico Caruso che negli anni 1905-1906 canta al Metroplitan; il soprano Luisa Tetrazzini che apre il nuovo Teatro Tivoli e vi canta serenate (1913); il tenore Tito Schipa che nel 1934 canta per il Giubileo d’Oro della Chiesa e la canonizzazione di don Bosco. Essa diviene anche meta di visite illustri: il generale Umberto Nobile (1926); il colonnello Francesco De Pinedo (1927); Guglielmo Marconi (1933); il presidente della Repubblica Italiana Giovanni Gronchi (1955); il presidente del Senato Amintore Fanfani (1980); il presidente della Repubblica Sandro Pertini (1982)…
L’anticlericalismo di un tempo si era stemperato fino a cessare, tanto più da quando in Italia era stata risolta “la questione romana” con i Patti Lateranensi nel 1929. Pur tuttavia ancora negli anni 1926-1927 erano state gettate bombe contro la chiesa. La polizia ne sospettò immediatamente i radicali, ma senza riuscire ad avere prove, nonostante qualche strana uccisione avvenuta successivamente tra italiani.
Conclusioni
Volendo riassumere l’inizio e lo sviluppo dell’attività pastorale etnica italiana nella California del Nord appaiono evidenti almeno due momenti.
Il primo è quello del duro, pionieristico inizio, che ha servito ad avviare un rapporto umano e religioso con la dispersa ed inizialmente diffidente e piuttosto divisa comunità italiana. Tempi difficili, ma anche creativi, di promozione umana e di evangelizzazione, che hanno visti impegnati i Gesuiti, i primi sacerdoti diocesani ed i Salesiani nei loro primi anni.
È seguito poi il periodo solido ed organico della costruzione di una comunità con una formazione più approfondita ed una testimonianza pubblica di fedeltà e di servizio in un fecondo inserimento nella chiesa e società locali. Ora nel sostanziale assestamento della comunità italiana e nel recupero di valori mai smarriti, ma non di rado trascurati - come l’unione familiare, la solidarietà mirata, la religiosità rivisitata, ecc. - c’è spazio e modo per un’azione capillare con i necessari adattamenti dovuti alla mobilità della gente (che ha reso… fuori mano sia il Consolato d’Italia sia la Chiesa italiana, ora inseriti in contesto cinese) e dell’aumentato livello di inserimento culturale raggiunto.

Fonti per la ricerca:
- Città di San Francisco e Consolato Generale d’Italia
- “San Francisco as it is, as it was’, Inc. Garden City N.Y. 1979
- “Saints Peter and Paul Church”, ed. in proprio di Alessandro Baccari Jr. 1985
- Archivio della IAC

sabato 24 febbraio 2007

L’assistenza religiosa

L’Arcivescovo Alemany, conscio di questa necessità, favorì l’azione dei primi coraggiosi preti italiani: don Carlo Franchi (attivo dal 1877 al 1889), prima affidato come assistente alla Parrocchia di N.S. di Guadalupe incaricata di tutti i latini e poi dal 1880, su sua richiesta, parroco dei soli italiani. Questi erano ca. 5.000, ma soltanto 180 frequentavano, allontanati come erano dalle passioni politiche italiane, dall’anticlericalismo imperante e dai preponderanti interessi economici. Egli trova un aiuto nel 1887 in don Cherubino Romanis, che però dopo sei mesi deve (o vuole?) rientrare in Italia (ritornerà poi in California dopo oltre due anni). Fortunatamente si unisce a lui don Raffaele De Carolis (proveniente da Castrociele di Frosinone) che nel 1889 gli succederà. Ma poi, stanco di combattere in un ambiente ostile ed ammalato fisicamente, chiede di essere esonerato e di poter rientrare in Italia (1896).
Il successore di Mons. Alemany, l’Arcivescovo Patrick Riordan (1884-1914), a malincuore glielo permette pregandolo di attendere per trovare una nuova soluzione, cioè la successione.
Questa viene quasi inaspettatamente nel 1897 con l’accettazione da parte del successore di don Bosco, don Michele Rua, di inviare quattro salesiani a San Francisco. Un successo che si deve all’opera di persuasione svolta direttamente sul Rettore Maggiore dal gesuita p. G. Sasia, amico dell’Arcivescovo e già presente in San Francisco, anzi nominato in quegli anni provinciale gesuita del Messico. I primi Gesuiti erano venuti in California nel 1849 in provenienza dall’Oregon per assistere gli indiani. Ed erano i padri Michele Accoli e Giovanni Nobili, cui si uniranno in seguito nel 1868 i padri Antonino Maraschi e John Valentini. Essendo di origine italiana, si interessarono inevitabilmente anche dei loro connazionali pur perseguendo le finalità della Congregazione. P. Nobili aprirà nel 1851 l’Università di Santa Chiara e P. Accoli nel 1855 il Collegio S. Ignazio, che diverrà poi l’Università di San Francisco.
Da questa data, marzo 1897, la Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo in San Francisco viene guidata e segnata dalla presenza ed azione salesiana in modo continuativo , sempre più approfondito ed a vasto raggio: scuole, clubs sportivi, manifestazioni pubbliche, associazioni religiose e sociali… I citati primi quattro salesiani (due sacerdoti e due fratelli) vennero quindi nel marzo 1897. Alla prima Messa, il 13 marzo, il parroco don Raffaele Piperno (da Casacalende di Campobasso e divenuto salesiano da sacerdote dopo aver fatto parte del gruppo dei preti missionari di Genova) disse: “non siamo venuti per i vostri soldi, ma per le vostre anime”, riecheggiando con questo il motto di don Bosco “da mihi animas, coetera tolle”. Ed era, questa, una attività pastorale conforme allo spirito salesiano. Era stato lo stesso don Bosco ad inviare nel 1875 i primi suoi sacerdoti in Argentina (Patagonia) raccomandando loro di interessarsi anche degli italiani. Alla fine degli anni 1880 ne invierà in Messico.
Ora iniziava pure in San Francisco di California questa attività pastorale - “esclusivamente per gli italiani” come aveva precisato l’Arcivescovo al Rettore Maggiore don Rua - nella Nord California, un’attività che non verrà mai più abbandonata. Neppure nelle successive mutate situazioni, quando la popolazione negli anni ‘60 si è trasferita e la “piccola Italia” si è popolata di cinesi, che ora la “chiesa italiana”, pur restando tale, assiste con nuovi metodi e nuove forze.
Oggi gli italiani censiti nell’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), e quindi pienamente tali, sono, secondo il Consolato Generale di San Francisco, 5.006, di cui 1.606 in San Francisco stessa. I primi salesiani ebbero fin dall’inizio il prezioso sostegno delle Suore per l’assistenza alle ragazze, anche per le scuole elementari, e precisamente le Suore dell’Ordine della Presentazione già attive nel 1854. A loro succederanno nel 1950 le Suore Salesiane fondate da S. Maria Mazzarello. Erano seicento le fanciulle che frequentavano le classi del catechismo. A centinaia poi, ragazzi e ragazze, si iscrivevano nella scuola della parrocchia, ben organizzata dal salesiano irlandese Bernhard Redahan chiamato appositamente a San Francisco nel 1898. Cresime e Prime Comunioni venivano amministrate due volte all’anno per l’alto numero dei partecipanti. Un servizio che raggiungeva tutto il Nord California. Il bilancio sacramentale di cento anni, 1884-1984, era di 37.201 battesimi e 19.700 matrimoni.
E nel 1919 inizia le pubblicazioni un settimanale dal titolo significativo “L’Unione” (direttore don Oreste Trincheri).

Gli italiani

Tra i gruppi etnici ricordati c’erano anche gli italiani, venuti qui in cerca di fortuna da diverse parti d’Italia e particolarmente dal nord (Piemonte, Liguria, Toscana). La loro preparazione era nulla, l’assistenza inesistente, il coraggio tanto unito a laboriosità e risparmio. Erano spesso nuclei familiari. Ed i primi sono venuti attirati dalla “febbre dell’oro”. Il più famoso è forse Domenico Ghirardelli, creatore riconosciuto del cioccolato. Ma la prima grande ondata di immigrazione italiana risale agli anni 1860-1870: sono commercianti e costruttori, ma i più contadini (da Genova e Sestri Levante, da Palermo e Trabia, sempre presso Palermo) e molti si sono impegnati nella pesca e nella costruzione di barche. Anche per questo si sistemarono particolarmente nel quartiere North Beach della città formandovi una “little Italy”. Alcuni di loro all’inizio del secolo faranno fortuna. Come Amedeo Peter Giannini, fondatore della Banca d’America (originariamente Banca d’Italia) e poi Andrea Sbarbaro con la sua colonia italo-svizzera, i fratelli Di Giorgio con i loro vastissimi frutteti, i Fontana Cerrutti con fabbriche di conserve alimentari (meglio conosciuti con il marchio Del Monte)… Tre figli di italiani diventeranno sindaci: Angelo Rossi, Joseph Alito (1967, ex alunno salesiano) e George Moscone (ucciso da un connazionale per non chiari motivi, 1978).
Religiosamente abbandonati a se stessi, erano anche sviati da divisioni politiche in basso (tra garibaldini e savoiardi; tra radicali e moderati) e da scelte massoniche in alto (commercianti e finanzieri). La Conferenza Episcopale Americana in quegli anni mise più volte all’Ordine del Giorno “il problema italiano” per la mancanza di assistenza religiosa ed anche perché la gerarchia fortemente irlandese mal comprendeva i latini. Riuniti in Conferenza a Baltimora, i Vescovi americani si proposero di chiedere sacerdoti italiani al Collegio dei Missionari per la Propagazione della Fede (Genova) o al nuovo Ordine religioso dei Salesiani (Torino).

San Francisco






San Francisco, che deve il suo nome a San Francesco di Assisi, il centro più importante del nord con oltre 770.000 abitanti in 125 kmq di superficie, occupa la punta di una penisola lunga 50 km, situata tra l’Oceano Pacifico e la Baia.
Nel 1848 aveva soltanto 500 abitanti. La scoperta dell’oro nella zona di Sacramento ha richiamato persone ed avventurieri di diversa nazionalità (“Gold Rush”, febbre dell’oro) e già nel 1849 gli abitanti erano saliti a 20.000. Negli anni 1850-1860 si ebbe poi un incremento di 35.000 persone per raggiungere un totale di 56.800 abitanti. Nel 1856 venivano stampati periodici in cinese, francese, tedesco, italiano, spagnolo.
Situata in una posizione felice con una splendida Baia, la città si è sviluppata su quarantadue colline ed ha un aspetto gioviale e vario, oltre all’imponenza degli antichi palazzi del centro e alla superbia dei non molti grattacieli.
È una terra ad alto rischio sismico: i due terremoti più devastanti, in ordine di tempo e gravità, sono stati nel 1906 e 1989.
Religiosamente la prima chiesa è quella di S. Francesco, eretta nel 1849 per i cattolici americani (tra le vie Dupont e e Stockton in Vallejo Street). Ed il primo insediamento religioso assistito è quello per gli indiani, la Missio Dolores, così chiamata perché raccoglieva ed assisteva i molti indigeni che non resistevano all’impatto con l’occidente e ne restavano vittime delle malattie.
Il primo Vescovo (con sede a Monterrey) è il domenicano Josef Sadoc Alemany (1853-1884), il quale con piglio deciso organizza la vita religiosa della nuova diocesi cercando di creare unità nella fede tra le molte e crescenti diversità etniche della sua popolazione.
Oggi l’Arcidiocesi di San Francisco comprende le contee di San Francisco, Marin e San Matteo per una estensione di 6.023 kmq ed una popolazione totale di 1.700.000 persone, di cui 425.000 cattolici, servita da 89 parrocchie e 10 missioni.
Ha inoltre 66 scuole elementari e 14 scuole superiori. I patroni sono S. Francesco di Assisi (4 ottobre) e S. Patrizio (17 marzo).