martedì 20 febbraio 2007

Pasquale

Pasquale è il simbolo di molte persone italiane che provano a vivere il loro tempo con dinamismo e partecipazione. In altre nazioni si chiama Emilio, Antonio, Calogero, Giuseppe. Pasquale è impegnato nella propria associazione, a volte con un’esperienza associativa già sperimentata in Italia prima di emigrare negli Stati Uniti d’America. Uno che ci crede, potremmo dire, ed è per questo che segue ogni notizia che arriva dall’Italia attraverso giornali e soprattutto Rai International.
E’ coinvolto con la propria Regione di provenienza e conosce amministratori e politici italiani a cui ci si deve riferire e, non di rado, si è dato da fare ad accoglierli e ad accompagnarli in occasione delle loro visite in America.
Si ha l’impressione che Pasquale e quelli come lui, stiano vivendo una specie di schizofrenia, in quanto accettano benissimo lo stile americano fatto di iniziativa, responsabilità, efficacia, pragmatismo, ma si sentono “alieni” quando sono coinvolti in organizzazioni che perpetuano il “sistema italiano” che non riesce ad uscire da clientelismo, burocrazia, celebrazioni, promesse, complicazioni politiche, complessità legislative.
Pasquale e quelli come lui, hanno passione per le associazioni e vi hanno speso molto tempo ed energie, ma non riescono a controllare il limite umano di chi, una volta arrivato ad una carica, finisce per esercitare un autoritarismo di bassa lega che è proprio di chi non ha formazione e non ha umiltà per apprendere, di chi non sa lavorare insieme agli altri e raramente delega responsabilità ed autonomie, di chi non riesce a dar valore al lavoro fatto da altri prima di loro e non sa mantenere continuità, non di rado ci mette zelo nel distruggere quanto ha trovato.
Pasquale dice sempre di più “c’è bisogno di facce nuove!” e tale espressione rivela una grande delusione dell’incapacità dell’associazionismo di cambiare pelle, contenuto e modalità operativa. Ci si perpetua in un’autoreferenzialità che alimenta la morte certa perché resta solo l’organizzazione della festa e delle attività correnti, ma il tempo mette “out” protagonisti perché invecchiano, iniziative perché non sanno rinnovarsi, motivazione perché gli appoggi economici dall’Italia si sono fatti rari e sono gestiti ad personam con finalità clientelari neppure troppo discrete.
Pasquale ha soprattutto il rammarico che i giovani, nati da lui e da quelli come lui, non si lasciano coinvolgere e si collocano sempre più lontani.
Eppure molti giovani ci provano ed anche con buoni risultati, ma il loro modo di agire è molto americano e non riesce ad aggiustarsi allo stile italiano d’altri tempi che spesso mortifica le loro competenze e professionalità.
I giovani, a volte non trovano spazio nelle maglie delle cariche associative ed istituzionali, a volte sono vittime delle contrapposizioni familiari e corporative, a volte si ha l’impressione che va avanti il giovane che ha l’arrivismo di chi lo ha preceduto e assume atteggiamenti, linguaggio, amicizie di quelli di prima ma resta isolato dai suoi coetanei ed è osannato solo dagli anziani che in lui si sentono perpetuati.
Pasquale fa sempre più fatica a capire l’Italia e la politica italiana. Non ha la libertà dei suoi figli che hanno tagliato corto e vivono da americani, come in effetti sono, lasciando alla deriva l’Italia che non conoscono quasi più, sia nella lingua che non parlano sia nella cultura che si limita ai marchi alla moda come status simbol ma non è alimentata da studio, viaggi, approfondimenti, relazioni.
Pasquale vorrebbe vedere una nuova stagione della partecipazione, ma non trova contenuti, idee, ideali, valori, progetti, speranze di cui alimentarsi: sembrano spariti in un intasamento di banalità, rumori e apparenze che durano poco. A Pasquale sembra che tutto si muova con lo scopo di alimentare una corsa alle cariche pubbliche, una ricerca ai soldi regionali che diventano sempre meno e sciupati sia in azioni di rappresentanza a fiato corto sia in progetti, che se pur belli ed interessanti, hanno la vita di una legislatura e spariscono al prossimo cambiamento di assessore o amministratore di riferimento.
Pasquale, Emilio, Antonio hanno il tormento degli amici e corregionali che sospettano che quando coinvolgono i giovani figli lo facciano per interesse personale. I giovani non vengono giudicati secondo il loro valore perché non si può competere con loro a livello intellettuale e si finisce per tenerli emarginati.
Pasquale vorrebbe cambiare interlocutori politici e sogna un Comites con facce nuove, un CGIE con persone diverse che pensino agli italiani e non di arrivare a Roma. Pasquale o Emilio vorrebbe contare su servitori dello Stato efficienti e all’altezza dei loro compiti, rispettosi e orgogliosi di poter servire gli italiani del territorio e capaci di sostenere, per le loro competenze, ogni gruppo, ente e persona che ha voglia di portare avanti iniziative buone.
Pasquale sa che per combattere l’individualismo che uccide l’anima delle persone giovani e non, è necessario investire energie nelle relazioni e nell’associarsi, ma ha la tentazione di mollare tutto perché i suoi figli lo hanno già fatto e non comprendono la sua ostinazione ad andare avanti nonostante le delusioni.
Pasquale è in cerca di speranza e di buoni compagni di viaggio, ma ha paura di non trovarne più!

Nessun commento: